wine and book setting #20
a cura di Laura Riolfatto


Un vino, un libro e un cibo.
Un crocevia di emozioni e di intrecci: stavo leggendo Scarti d’Italia 2 di Valentina Raffaelli, da poco avevo fatto visita alla Cantina di Thomas Niedermayr e volevo fare una prova di abbinamento con un vino che ritenevo non facile, ottenuto dal vitigno PIWI Souvignier gris.
La fusione di contenuti, tra la lettura dell’avventura culinaria e la storia del vino, ha prodotto un intreccio dove i Casunziei ampezzani, a base di barbabietola rossa, hanno preso il sopravvento.

Cosa possono avere in comune un vino e un libro, in questo caso ciò che li accumuna maggiormente sono il pensiero dell’autrice Valentina Raffaelli, designer e ricercatrice culinaria, e la filosofia produttiva di Thomas Niedermayr, giovane visionario vignaiolo altoatesino.
Le parole rispetto per la natura e sostenibilità descrivono con semplicità il loro lavoro, una continua ricerca per trovare un equilibrio tra la produzione agricola e l’uomo, per definire nuovi modelli di azione sempre più responsabili. Essere sostenibili oggi, termine che sentiamo citare e di cui si abusa spesso l’utilizzo, forse è cercare di trovare sistemi sociali, ambientali ed economici in grado di evitare il collasso del nostro ecosistema, provando a soddisfare i nostri incessanti bisogni con più attenzione, rispetto e cura, pensando alle generazioni che verranno.



ABENDROT è il vino protagonista di questa storia, dalle tonalità rossastre, di un colore intenso e caldo come l’ambra del baltico, cristallino, vivace e decisamente lucente, il suo nome infatti significa riverbero in tedesco. Al naso è intenso, fortemente fruttato con richiami di confettura di mela cotogna, susina, mandorla e un finale di resina, lievemente speziato con note che richiamano il cardamomo. Il sapore è pieno, succoso e fresco, con una delicata struttura tannica, riempie il palato e lascia una lunga persistenza in bocca.
È un vino bianco macerato sulle bucce ottenuto da una varietà rara, il Souvignier gris, un vitigno PIWI che viene coltivato da Thomas Niedermayr a San Michele di Appiano in Alto Adige dal 2006.
Nasce come vitigno sperimentale nel 1983 all’Istituto di Ricerca di Friburgo, a cura dello scienziato biologo Norbert Becker, è una varietà con i grappoli color rame e ruggine, con incantevoli sfumature viola e lilla.
L’acronimo PIWI deriva dalla lingua tedesca Pilzwiderstandsfähig, che significa viti resistenti ai funghi. I vitigni PIWI infatti hanno un'elevata resistenza alle malattie fungine e quindi consentono una significativa riduzione dell'uso di pesticidi e di sostanze sintetiche nel vigneto, sono robusti, forti e rispetto alle piante di vite tradizionali resistono bene a organismi patogeni, adattandosi a condizioni climatiche estreme e crescendo in zone impervie. Proprio per questo motivo l'Azienda di Thomas li coltiva da oltre 30 anni, per loro questi vitigni rappresentano un modo sano di porsi verso la terra, il territorio e il consumatore finale. Una vera scommessa per il rispetto dell'ambiente viticolo, agricolo e umano. La loro è una visione pionieristica che va oltre il fare biologico, una filosofia consapevole e controcorrente che produce vini naturali ed eleganti, sinceri, anticonformisti, ma simbolici perché rappresentano il loro territorio.


IL Libro “Scarti d’Italia 2” è una ricerca culinaria, un’avventura verde, un viaggio dell’autrice Valentina Raffaelli e l’illustratore Luca Boscardin, attraverso l’Italia, da nord a sud, raccogliendo e catalogando testimonianze, ricette, tradizioni gastronomiche e vegetali a molti di noi sconosciuti.
Il vasto concetto di scarto è inteso su più fronti, ma è affascinante capire che non si concentra solo su ciò che buttiamo, ma soprattutto su ciò che non consideriamo. Anche ciò che non prendiamo in considerazione è ritenuto concettualmente uno scarto, questo sottile e intrigante pensiero mi ha incuriosita. L'Italia è un grande orto botanico, ricco di biodiversità, ricchissimo di verdure di ogni genere, tuberi, radici, rizomi, erbe, foglie, germogli .. alimenti che hanno attraversato la nostra storia e la nostra cultura culinaria di origine contadina, dove non si buttava assolutamente nulla. Quanti vegetali non conosciamo? Tanti. Quanti vegetali scartiamo perché li riteniamo brutti, bitorzoluti e poco attraenti, perché non corrispondono ai canoni di bellezza imposti dalle filiere produttive? Tantissimi. Questa illuminante esplorazione ci racconta di dinamiche illogiche e dannose, dove l'attuale sistema di produzione e distribuzione di frutta e verdura non permette la libertà di scelta, ma con grande abilità impone ai consumatori degli standard predefiniti, prodotti omologati e standardizzati. Frutta e verdura progettata in maniera impeccabile non permette una visione etica e sostenibile dell'agricoltura, basta osservare un vero orto per capire come certi canoni imposti siano completamente fuorvianti e dannosi all'ecosistema naturale.

Arriviamo ora all'altra protagonista dell'abbinamento, la barbabietola, chiamata anche rapa rossa, appartenente alla famiglia delle Chenopodiacee, che incanta per il colore rosso intenso, dovuto alla sostanza colorante betanina, ricca di proprietà benefiche. La barbabietola è composta principalmente da acqua, ma è ricca di preziosi sali minerali e vitamine. Inconfondibile il sapore ferroso, la sua leggera tendenza dolce e la nota finale acidula, ha un sapore forte, caratteristico e inconfondibile. Usata molto in montagna, soprattutto nelle Dolomiti dove la troviamo protagonista di numerosi ricchi piatti.
Dal libro prendo spunto da una ricetta delle Dolomiti venete, precisamente di Cortina d'Ampezzo, che ci riporta alla presenza asburgica in questo tratto alpino. I Casunziei sono un pasta fresca all'uovo ripiena di barbabietola, che ho servito con burro fuso, foglie di spinacino, semi di papavero e una crema di barbabietola.
Sembrerebbe un abbinamento azzardato, ma ABENDROT con i Casunziei si è sposato con grande equilibrio di sapori.
Per la morbidezza e rotondità del vino macerato ho provato anche un'altra ricetta del libro, tipicamente veneta, che vede come protagoniste le cicorie amare, mia grande passione. Adoro l'inverno soprattutto per tutta la tipologia di radicchi che possiamo mangiare, foglie colorate e striate, dolci e amarognole. I "radici de campo fumegà" sono un piatto semplice e divertente, in italiano "radicchi soffocati", ovviamente in pentola. Li ho saltati in padella con speck croccante, sfumati con vino e lasciati cuocere una decina di minuti. Un ottimo contrasto di sapori, tra la tendenza amarognola della cicoria e la morbidezza del vino, ha reso l'abbinamento assolutamente positivo. ABENDROT è un vino strutturato, con una gradazione alcolica di 14°, è decisamente caldo, ma grazie alla sua freschezza non risulta pesante in bocca e abbinato a piatti semplici della tradizione, a base di verdure dal sapore aromatico e intenso, ha trovato un buon bilanciamento.


Trovo affascinante l'abbinamento tra il vino e i cibi di origine vegetale, grazie a questo libro ho trovato parecchi spunti, ma poi verdure, radici, tuberi, bulbi e foglie che non avevo mai contemplato prima in cucina, il sedano-rapa, i talli dell'aglio e delle zucchine, la pastinaca, la scorzonera, il lampascione ... un'esplosione di biodiversità che ho davvero voglia di sperimentare e di abbinare a tavola.
In questo singolo caso c'è stata una coerenza di intenti e un intreccio di pensieri, tra un vino naturale, ottenuto tra l'altro da un vitigno sperimentale e alcune ricette a base di vegetali, raccolte da un libro che ci illustra una ricerca sulla sostenibilità della produzione agricola e ci illumina sul concetto di scarto.

